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mercoledì 6 gennaio 2010

Un altro giorno

Erano le 08.00 del mattino quando il campanello cominciò a suonare. Ero ancora mezzo addormentato ma il primo pensiero era che il ministero del controllo fosse già a conoscenza di tutto. Forse il mio docente Belfar era stato costretto a raccontare tutto, forse mi avevano seguito, forse…………. Guardai nel schermo del videocitofono ed era Karl. Era il mio miglior amico ma in questo momento avrei voluto rimanere da solo. Non avevo scelta, apri la porta ed aspettai che salisse.
>> Ciao Lenny, allora racconta tutto. <<, disse Karl eccitato come non mai.
Cercavo di riordinare un po’ le idee su cosa potevo dire e cosa no, dovevo mentire.
>> Be, guarda niente di che, è solo una chiave che non apre nulla, credo che in verità volesse lasciarmi solo il portachiavi.<<
Mi sentivo un verme a mentire al mio miglior amico, ma non potevo fare altrimenti, non potevo raccontargli tutto.
>> Non ci credo, disse Karl, sono sicuro che tuo nonno aveva le idee chiare a proposito, fammi vedere.<<
Andai verso la mia giacca e frugai nelle tasche, ma non mi accorsi che sotto c’era il manuale di volo della navicella, tentai di nasconderlo ma Karl riuscì a vedere la copertina.
>> Ehi, esclamò, ancora libri? E poi da quando ti interessi di navi spaziali, e poi ti ricordo che a noi non è permesso tenere dei libri del genere.<<
Per un’attimo ho avuto paura, ma poi ho risposto prontamente;
>> Sai è un libro che devo portare a mio padre, sta lavorando su alcuni progetti e il signor Belfar mi ha incaricato di portarglielo.<<

>>Però potremmo dargli un occhiata, chiese Karl, ho sempre voluto vedere un manuale del genere. Tanto nessuno se ne accorgerà.<<
>>No Karl, risposi seccamente, ho promesso al signor Belfar che non l’avrei mostrato a nessuno, e poi l’hai detto anche tu che noi non siamo autorizzati a leggere il contenuto di un qualsiasi libro su cui e stato messo il timbro rosso.<<

>>Ma io di timbri rossi non ne ho visti, disse Karl, e credo proprio che nessuno lo saprà, non da me almeno.<<
Karl mi stava sfidando. Passammo l’intera mattinata a guardare il manuale, il che per me andava anche bene, visto che avevo poco tempo per imparare il tutto. Karl era affascinato ed ho fatto molta fatica per convincerlo che era ora per fare altro. Erano le 13.00 quando Karl se ne andò e finalmente potevo studiare in pace.
Mi sembrava tutto molto semplice, si trattava solo di inserire le coordinate giuste e poi tutto era in modalità automatica.
Passai 4 giorni a studiare e prendere appunti senza uscire di casa, mancavano 2 giorni alla partenza.
Dovevo fare un po’ di pausa cosi decisi di andare in città. Mi preparai in fretta e mi avviai verso il centro. Per le strade c’era poca gente ed è per questo che mi ero accorto da due uomini vestiti allo stesso modo ma che camminavano sui marciapiedi opposti. Al’inizio pensavo fosse una coincidenza ma poi ne ero quasi certo che seguivano me. Cercai di fare altre strade, camminare veloce, fermarmi….., ma erano sempre molto vicini a me. Entrai nella prima libreria cercando subito l’uscita secondaria. Corsi verso la porta, fuori nel vicolo non c’èra nessuno, svoltai verso quello che mi sembrava un magazzino cercando un posto dove nascondermi. Il magazzino aveva una rampa di carico e mi infilai sotto da dove avevo una buona visuale sulla porta della libreria. Tremavo dalla paura quando vidi i due uomini che sbucavano fuori in fretta guardandosi intorno. Uno di loro stava parlando con la trasmittente e le parole che ho sentito mi avevano messo ancora più paura; no lo abbiamo perso, è furbo il ragazzino, ora andiamo verso il centro voi intanto controllate casa sua.
“Devo tornare a casa e prendere il manuale e gli appunti”, questo era il mio pensiero mentre correvo come non mai.
Entrai in casa, guardandomi bene intorno, presi solo gli appunti ed il manuale e corsi di nuovo fuori, questa volta dalla porta d’emergenza che si trovava sul retro. Ora dovevo raggiungere la casa dove era nascosta l’astronave e avvisare gli amici di mio nonno che forse siamo tutti in pericolo. Sperando che non fosse già troppo tardi.

sabato 31 ottobre 2009

Primo capitolo del mio nuovo racconto



Ecco oggi ho finalmente iniziato con questo racconto, e vi dico una cosa, non riuscivo a smettere a scrivere. Anche perchè la storia prende vita man mano che scrivo e vorrei tanto sapere il seguito. Spero tanto che anche voi lo troviate interesante. Non a tutti piace il genere fantascienza ma cercherò di mettere anche del'altro. Buona lettura a tutti.






Strana Sensazione

Erano già le sette del mattino quando apri gli occhi e dovevo sbrigarmi se non volevo perdermi la mia promozione. Oggi compivo 20 anni, il che significava l’inizio dell’età adulta e responsabile.

Sono nato il 25 di maggio del 0230 nella città Sito n°1 sul pianeta Kobol, ma le mie origini erano Terrestri. Non sapevo molto sulla terra, anche perché le informazioni che avevo non dicevano molto su come siamo arrivati qui. So solo che nel 2011, anno terrestre, era successo qualcosa che sconvolse l’equilibrio nel universo che allora si conosceva come unico. L’umanità doveva trovare un altro posto dove continuare la propria esistenza, e questo posto era Kobol. Era mio Nonno a raccontarmi quel poco che sapevo dei miei antenati., il quale diceva sempre che un giorno sarei stato messo a dura prova. Era morto a soli 74 anni nel anno 0174 lasciandomi tutta la sua eredita che consisteva in un unico oggetto, una chiave con un bellissimo portachiavi.

Mi raccontava solo quello che gli è stato raccontato a sua volta da suo Papà e suo Nonno. Diceva che erano morti ad un passo della verità e che lui avrebbe fatto la stessa fine. Io chiedevo sempre di che verità si trattasse ma come risposta ricevevo sempre un grande sorriso. Il suo viso era pieno di rughe e quando sorrideva tutto il suo viso sorrideva. Erano pochi i momenti in cui lo si vedeva sorridere, anche perché a casa sua c’erano spesso visite non gradite, cosi chiamava i vari controlli che l’ufficio della coscienza faceva a casa sua.

L’ufficio della coscienza era stato costituito negli anni 0090 e doveva vigilare sul pensiero collettivo delle persone. I primi 90 anni del insediamento sul pianeta Kobol la gente aveva il suo da fare; costruire infrastrutture, creare un governo, trovare delle risorse, insomma cominciare da zero. La mente delle persone era cosi occupata che non pensavano ad altro che Lavorare.

Ma poi un giorno spuntarono dal nulla delle domande;

>> Cosa era successo a chi era rimasto sulla terra? C’erano dei superstiti? Chi aveva deciso il destino del umanità? <<

Mio nonno diceva che era suo padre a dare l’inizio a tutto questo creando un circolo di poche persone che volevano sapere di più su quanto successo negli anni del grande esodo.

Fu allora che il governo decise di creare un ufficio di controllo su quello che si poteva sapere e non, su quello che era vero e quello che era falso. Cosi il Papà di mio Nonno era stato messo a riposo, era cosi che chiamavano la prigione; stato di riposo della coscienza. Dopo pochi anni il mio bis Nonno era deceduto in circostanze misteriose, non si seppe mai nulla di più. Da allora la mia famiglia era sotto costante controllo dell’ufficio della coscienza.

Da allora era anche nata l’idea che un circolo segreto della verità, creato in onore al mio bis Nonno Jil, esisteva ancora oggi.

La storia che era consentita era quella dettata dal governo.;

>>Nel 2000 anno terrestre la terra non poteva più sostenere la vita; troppe carestie, guerre e disaccordi tra i popoli e le nazioni. La terra stava cambiando anche la sua struttura, il suo campo magnetico diventava sempre più instabile il che avrebbe reso impossibile il controllo di tutti gli impianti sia civili che militari. Tutto era controllato dai computer i quali andavano sempre più spesso in tilt, con le conseguenze che ogni tanto facevano partire dei missili balistici cha dovevano essere abbattuti dai stessi governi. Alcune città, quando il fenomeno era agli inizi, erano rase al suolo con milioni di morti innocenti. In quei anni degli astronomi, con l’aiuto di alcune scritture trovate in Egitto, scoprirono un altro sistema solare simile al nostro. Il problema era che si trovava a 100000 anni luce dal nostro ed era impossibile arrivarci.

Se non fosse stato per un ritrovamento archeologico eccezionale tutti sarebbero morti nel cataclisma che era previsto per il 2012- 2013. Erano state trovate tracie di una civiltà sconosciuta risalente a quasi 20000 anni indietro. Il sito archeologico era situato in un paese martoriato dalla guerra civile negli anni ’90, la quale dopo i straordinari ritrovamenti fini subito per permettere lo studio di questi ritrovamenti. Erano delle lastre molto sottili e resistenti della dimensione di un pollice. Connesse ai nostri computer si era scoperto che contenevano le istruzioni su come costruire una nave stellare. Tutte le nazioni parteciparono alla ricerca e alla costruzione del prototipo della nave, la quale non si sapeva ancora se avrebbe funzionato, ma era l’unica possibilità di salvezza.

Il progetto era finito nel 2009 anno terrestre ed erano già fatti dei viaggi interstellari. Tutto procedeva bene se non fosse per il fatto che di navi c’è n’erano solo due con una capienza di 23000 persone per nave. La Terra in quei anni ospitava più di 5 miliardi di persone, quindi bisognava fare una scelta. Cosi i vari governi decisero di salvare solo certe persone, scelte per le loro capacità e per la loro intelligenza, ma anche per la loro importanza politica. Il mio bis-bis Nonno era scelto per la sua intelligenza perché a soli 12 anni d’età aveva partecipato alla costruzione dei motori che alimentavano le due navi. Erano chiamati motori a punto zero, MPZ. Erano capaci di percorrere 10000 anni luce in un ora aprendo un varco nello spazio tempo.

Cosi comincio l’esodo verso Kobol, il cui nome era spesso trovato nelle gallerie del sito archeologico in Egitto che aveva permesso di trovare il nuovo sistema solare. <<

Ma era già tardi e se non mi sbrigavo avrei fatto tardi alla mia nomina di adulto. La nostra era una società dove i bambini dopo i sei anni di età venivano cresciuti e educati dalle istituzioni governative in modo che non venivano strumentalizzati dalle loro famiglie. Ed io oggi dopo 14 anni di vita nelle sedi e scuole governative che non permettevano di avere scelte proprie avrei potuto scegliere per la prima volta liberamente cosa fare della mia vita.

Avendo i geni di mio padre, che era uno dei più grandi scienziati che aveva scoperto il modo di produrre risorse alimentari riproducendo la struttura molecolare degli elementi da cui erano composti, il governo aveva deciso che avrei dovuto seguire gli stessi studi. In questo modo avevo anche la possibilità di passare un po’ di tempo con i miei familiari, che non a tutti era permesso fare.

Avevo con me il portachiavi di mio Nonno Beny come portafortuna. Oggi era anche il giorno che avrei potuto finalmente scoprire cosa apriva quella chiave. Ero arrivato davanti al portone del università quando mi pervasero delle strane sensazioni di paura e curiosità. Ma sono sicuro che erano dovute al momento che dovevo vivere quel giorno.

>> Ciao Lenny <<, senti gridare in lontananza.

Era Karl, uno dei miei migliori amici.

>> Allora oggi il grande giorno, chi sa cosa troverai nel cofanetto di tuo Nonno<<

>> Come fai a sapere che si tratta di un cofanetto? << , gli chiesi.

>> Suppongo che si tratti di qualcosa del genere, un cofanetto una valigia, o forse una botola segreta, il che non sarebbe male e per dirla tutta sarebbe proprio da tuo Nonno a fare una cosa del genere <<.

>> Si, dissi, sarebbe proprio da lui, ma e meglio che ci sbrighiamo se no cominciano la cerimonia senza di noi <<.

Andammo in fretta verso l’aula della cerimonia a passo spedito. Proprio davanti alla porta c’erano un paio di persone che stavano discutendo, uno era il mio docente di biologia molecolare, grande amico di mio Nonno. Quando ci avvicinammo alla porta si girò verso di noi e disse;

>> Lenny ti aspetto nel mio ufficio dopo la cerimonia per discutere del tuo futuro impiego. <<

>> Va bene signore, risposi quasi in automatico senza pensarci, sarò da lei subito dopo. <<

Entrai in aula cercando di pensare a quello che era appena successo. Avevo in mente di prendermi una vacanza prima di cominciare a lavorare, volevo visitare le altre 4 città che erano create negli anni. Erano più piccole della Sito n°1. Ancora oggi mi chiedo perché non si è mai voluto a dare un nome più decente alle nostre città; Sito n°1, Sito n°2, Sito n°3, Sito n°4 e Sito n°5 non erano dei nomi ma sembravano più dei segna posti. C’era chi diceva che i nomi avrebbero condizionato lo sviluppo delle città e delle persone che ci vivevano. Si raccontava che era per quello che sulla terra c’erano tante guerre, perché le cose avevano nomi diversi pur avendo lo stesso significato. Per questo su Kobol c’era solo una nazione, quella Koboliana, e anche la religione era Koboliana, tutto era Koboliano.

La cerimonia era molto breve;

>> È con questo atto rilasciato dal governo Koboliano che oggi tu Lenny Fox diventi adulto e pronto per servire la tua nazione, nel bene e nel male. <<

La frase era uguale per tutti, non cambiava mai di una virgola, tanto valeva spedirci l’atto per posta, protestavo dentro di me. E poi, “servire la tua nazione nel bene e nel male” suonava un po’ come, “Ricordati che sei nostro servo”, ero molto contrariato al significato delle parole dette dal mio docente.

Il mio docente, dovevo andare nel suo ufficio subito dopo la cerimonia. Dovevo assolutamente convincerlo che avevo bisogno di una vacanza prima di essere assorbito dai laboratori e uffici governativi.

Finita la cerimonia vedevo tutti i miei compagni allontanarsi nel giardino del università felici di aver terminato gli studi e di poterlo condividere con gli altri.

Su Kobol la scuola era suddivisa solo per categorie non c’erano gradi, la durata era uguale per tutti, 14 anni di studio. Chi non riusciva ad andare oltre i sette anni di studio era destinato ai lavori semplici; muratori, spazzini, elettricisti che erano costretti a studiare i mestieri per altri 5 anni sul campo.

Mi stavo incamminando verso l’ufficio del mio docente quando senti il mio portachiavi in tasca, lo strinsi forte in cerca di un po’ di conforto e speranza. In quel momento mi passò una domanda per la testa;

>> Cosa e come avrei potuto sapere cosa apriva quella chiave? <<

Il mio Nonno mi aveva detto, solo una volta, che l’avrei saputo al momento giusto, ma questo non era di grande aiuto.

Bussai alla porta e senti la voce oramai rauca del mio docente:

>> Avanti.<<

>> Buongiorno di nuovo signor Belfar, salutai <<

>>Siediti che devo ancora prendere delle cose e poi cominciamo. <<

Prese alcune buste con aria vissuta dalla sua scrivania e li mise davanti a me.

>> Sono anni che mi porto questo peso, disse, e oggi finalmente me ne posso liberare. <<

>> Scusi signor Belfar, io vorrei…. <<

Volevo solo precederlo nel dirgli che non volevo alcun impiego per il momento ma fui bruscamente fermato.

>> Adesso signor Lenny lei deve ascoltare me quindi quando avrò finito lei sarà libero di andare ma senza possibilità di farmi delle domande, perché quello che le dirò lo dirò una volta sola e le risposte se le deve cercare da solo perché io non le ho, ha capito? <<

>>Si<<, risposi desolato e impaurito dalla sua reazione.

>> Allora signor Lenny, Io e suo defunto Nonno Benny eravamo grandi amici, anche se non condividevamo alcune idee. Come tu, ora le do del tu se non le dispiace, disse e continuò a parlare senza aspettare una risposta, come tu ben sai Benny era molto controllato dal governo che non aveva mai scoperto nulla di losco nei suoi confronti. Ma non era del tutto esatto il fatto che non ci fosse nulla, Benny faceva parte di una società segreta, un circolo del quale ancora si parla in giro, IL Circolo della Verità. Ne avrai sentito?

>> Si, dissi, ma…<<

>> Ecco, incurante della mia risposta continuo a parlare, io non ne so molto ma si dice che stavano progettando una piccola navetta con motori MPZ con l’intento di tornare sulla terra e scoprire cosa è successo dopo la partenza degli eletti. Io non volevo essere coinvolto ma essendo suo amico ho accettato solo una cosa, quella di custodire alcune carte e alcuni oggetti che avrei dovuto consegnarti al compimento dei tuoi 20 anni. Il che sarebbe oggi. Ora, le buste che vedi davanti a te contengono queste cose e sta a te decidere cosa fare; correre il rischio di prenderle e accettare il loro contenuto o uscire di qui e dimenticare il tutto. Hai solo pochi minuti, io uscirò a prendere un caffè e al mio ritorno voglio che tu abbia già una decisione.<<

Senza aspettare una mia risposta, Signor Belfar usci dalla porta lasciandomi solo con le buste davanti. La mia mente era pervasa da ogni tipo di pensieri;

>>Forse dentro c’era qualcosa che riguardava la chiave lasciatomi da mio Nonno, o forse informazioni sul circolo segreto o forse l’ubicazione della nave che stavano costruendo. <<

Non mi resi conto del tempo che era passato ed il signor Belfar era di nuovo sulla sua sedia, questa volta con un volto ancor più disperato.

>> Devi prendere subito una decisione Lenny, il preside sta arrivando e non vorrei avere quelle buste sulla mia scrivania, quindi decidi in fretta.<<

La mia mano era già diretta verso le buste, avevo già deciso tanto tempo fa, al tempo quando mio Nonno mi raccontava le cose e mi disse che un giorno avrei dovuto scegliere.

Non dissi nulla, guardai il viso del signor Belfar che ora era ancora più pallido.

>> Allora hai deciso, mi disse, seguirai le orme di tuo Nonno ma questo era inevitabile visto che sei uguale a lui. Ma stai attento con chi condividi questo segreto, solo il possesso di oggetti che appartenevano a Benny può renderti la vita difficile. Ora vai e non cercarmi più, per il tuo bene.<<

Anche se volessi, in quel momento non riuscivo ad aprire bocca, una voce mi diceva;

>>vai, corri, scappa. <<

Corsi fino a casa, avevo il cuore che batteva come impazzito, sia per la corsa che per l’eccitazione che avevo dentro. Decisi di aprire le buste subito ma qualcosa mi fermo. Qualcosa dentro mi diceva di non farlo di aspettare quando ero da solo, ma ero solo. Erano anni che vivevo da solo nella struttura statale riservata ai migliori studenti, struttura statale, ecco cosa era, se mio Nonno era spiato era molto probabile che anch’io lo ero, ma allora anche i miei genitori.

Ero in panico. Non dovevo destare dei sospetti, cosi cercai di assumere un comportamento normale. Lasciai le mie cose sul letto, cercando di infilare le buste sotto la giacca.

>> Andrò nel parco pubblico, mi dissi, a quest’ora non dovrebbe esserci nessuno.<<

Presi un panino dal distributore molecolare di cibo e corsi fuori. Erano comodi i DMC, (distributore molecolare di cibo), bastava digitare la composizione degli ingredienti e aspettare il tempo necessario. Erano l’invenzione di mio padre, Ghittai. Mi ero sempre chiesto la provenienza del suo nome, era cosi strano.

Ero arrivato in fondo al viale dove cominciava il parco pubblico, ora dovevo trovare un posto dove poter aprire in pace le buste. Scelsi una panchina appartata dalla quale avevo una visibilità su tutto. Presi la prima busta e cominciai a tastare la superficie, al tatto sembrava che ci fosse una lettera. Apri la busta guardandomi sempre intorno da eventuali sguardi.

Era un foglio di carta vecchia e ingiallita sul quale c’era un disegno, un disegno che a prima vista non avevo capito cosa rappresentava.

L’avevo guardato per pochi secondi per poi nasconderlo di nuovo sotto la giacca. Ora dovevo aprire l’altra, che sembrava contenesse degli oggetti.

Questa volta ero più tranquillo, in fondo, pensai, era solo un disegno e di scritto non c’era niente, niente sul circolo segreto di mio Nonno. Apri la busta e tirai fuori gli oggetti. Erano tre piccole pietre con una forma ovale, e che avevo già visto da qualche parte, ma dove?

Stavo riponendo le pietre nella busta e in tanto pensavo a cosa mi ricordavano quelle pietre. Ma si!! Erano uguali a quelle custodite da mio padre nel suo studio in una scatola do vetro. Erano il minerale più potente che l’uomo aveva mai conosciuto. Non si sapeva come funzionavano e perché erano cosi pieni di energia.

C’erano delle supposizioni che traevano l’energia dallo spazio, da un punto non preciso dallo spazio ed era per questo che la chiamavano La Materia Oscura, MO. Faceva funzionare ogni cosa adattando la sua potenza al uso che si faceva, come se avesse una propria coscienza.

Ma mio Nonno non era cosi ricco da potersi permettere una quantità del genere. Per quanto ne sapevo queste tre pietre bastavano per alimentare un pianeta super popolato di tutta la energia necessaria per milioni di anni.

Mi concentrai sul disegno, ma dovevo dargli ancora un occhiata per avere l’immagine chiara. Tirai fuori il foglio e lo guardai più attentamente, sembrava una stanza con una finestra. In fondo a ciò che rappresentava un muro c’era un disegno uguale al mio portachiavi,



su quelli laterali erano segnate le direzioni; est, sud, nord e ovest. In fondo al foglio c’erano anche dei numeri che in quel momento non mi dicevano niente; 345-08-36-07. Non volevo correre il rischio di perdere il foglio e con esso anche i numeri, cosi decisi di salvarli nel mio telefono.

I telefoni di nuova generazione erano dotati di un GPS per meglio orientarsi su un pianeta come il nostro, poco popolato e con pochi punti di riferimento. Era molto utile perche i veicoli che usavamo erano guidati dallo stesso telefono. Tanti si erano allontanati, in cerca di nuove piante e minerali per le loro ricerche, senza il telefono GPS e non furono mai trovati. Stavo digitando i numeri e nel frattempo il GPS cercava di individuare la posizione pensando che fossero delle coordinate. Non poteva essere cosi semplice, pensai, ma in quel istante comparve sullo schermo un punto rosso ed il percorso fino ad esso. Non ci potevo credere. Ero super eccitato ed euforico dal fatto di aver trovato qualcosa cosi in fretta.

Era la zona della città più popolata, anche perché era il primo punto di insediamento umano sul pianeta. Era considerato un punto storico dove tutto ebbe inizio, forse anche per me era il punto da dove avrei iniziato un qualche cosa di importante.

Dopo mezz’ora di camino spedito, vedevo il punto rosso congiungersi con quello che rappresentava la mia posizione. Ero davanti ad una casa molto vecchia costruita contro la montagna. Era proprio ai confini della città e lontano dalle altre case.

Vidi un signore che si stava avvicinando a me e decisi di chiedere di chi fosse quella casa.

>> Scusi, saprebbe dirmi a chi appartiene quella casa? <<

>> Si, credo appartenga ad un gruppo teatrale, degli attori che la usano per le loro prove.<<

>> Grazie mille, dissi, era proprio quello che cercavo. <<

>> Be, lei ha proprio la faccia del attore, le faccio i miei auguri. <<

Ringraziai lo sconosciuto e mi diressi verso la porta.

>> Ah, scusi, mi gridò lo sconosciuto, credo non ci sia nessuno a quest’ora, spesso e solo alla sera che si vedono delle luci, ma lei ci provi non si sa mai.<<

>> Grazie ancora, risposi, forse sono fortunato.<<

Lo sconosciuto era già lontano quando bussai alla porta in legno massiccio con dei strani simboli mai visti prima.

Non ebbi nessuna risposta, bussai ancora. Niente.

Stavo per andarmene quando mi venne in mente quello che mi disse Karl;

>> Finalmente potrai aprire il cofanetto che tuo Nonno ti ha lasciato.<<

E se non fosse un cofanetto ma una porta?

Senti una vibrazione attraversare tutto il mio corpo, forse la chiave apriva proprio questa porta. Senza pensarci troppo tirai fuori la chiave e la infilai nella serratura. La chiave entrava alla perfezione ma avrebbe dovuto anche girare. Due scatti erano la mia conferma a tutte le mie domande fino a quel momento.

Il cuore batteva fortissimo, sarei dovuto entrare in fretta senza che nessuno mi veda. Lanciai il mio sguardi dietro di me e tutto intorno, non c’era nessuno. Ero dentro.

L’atrio era molto grande anzi occupava l’intero piano del edificio. C’erano tantissimi armadietti con sopra dei nomi. In fondo c’erano delle scale che scendevano e altre che salivano. Ero indeciso sul da farsi, e se ci fosse qualcuno?

In fondo avevo la chiave e quindi chiunque ci fosse qui dentro sicuramente conosceva mio Nonno. Decisi di esplorare prima le scale che portavano di sotto. Era un locale grande come l’atrio d’entrata e aveva un palco in fondo. Era vero sembrava un teatro ma in piccolo. Mi guardai in giro e poi decisi che magari di sopra avrei trovato più informazioni.

Risali le scale fino al piano di sopra.

Questo piano era suddiviso in varie stanze che sembravano degli uffici, pieni di armadi e scrivanie. Sul pavimento nel corridoio c’era un disegno al quale non avevo dato importanza. Guardai in tutte le stanze ma ovunque sembrava la stessa cosa, scrivanie e armadi. Stavo uscendo dal ultima stanza e questa volta vidi il disegno sul pavimento in corridoio.

Era la rosa dei venti. La croce che indicava i punti cardinali.

Guardai, d’istinto, il muro davanti a me e vidi un solco, come una specie di negativo del mio porta chiavi.

Tutto succedeva troppo in fretta. Troppe cose in un solo giorno, che stava anche per finire. Fuori il sole stava già calando.

Presi il mio portachiavi e tolsi la catenina con la chiave. Non so bene cosa aspettarmi ma mi sembrava logico inserirlo nel negativo sul muro.

Senti un gran trambusto e la parete davanti a me che scompariva di lato come una porta scorrevole. Dietro c’era un corridoio buio ma vidi un interruttore sul lato della roccia scavata. Senza pensarci entrai e spinsi l’interruttore. Una luce abbagliante e bianca inondava il passaggio. Entrai un po’ di più e senti un rumore dietro di me, la porta si stava chiudendo. Corsi per uscire ma era tardi. Ero rimasto chiuso dentro. Non vedevo nessun solco da questa parte del muro dove inserire il portachiavi, e nessuna maniglia o qualcosa d’altro con cui aprire la porta.

Decisi di seguire il corridoio nella speranza di trovare un uscita. Era lungo 150 metri e potevo vedere la fine. Arrivato alla fine del corridoio spinsi un altro interruttore e qui ebbi la più grande sorpresa della mia vita. La luce mi rivelò tutto il splendore di quel posto. Era enorme, persino più grande della sala dei congressi della città. Aveva si o no 200 metri di diametro con un tetto ricoperto di panelli in metallo, anzi sembrava fosse un apertura.

Ed era un apertura perché sul fondo del locale era adagiata una navetta stellare.

Ma allora quello che mi diceva il mio docente e le storie da lui sentite erano vere. Mio Nonno e i suoi amici del circolo segreto stavano da vero cercando di tornare sulla terra.

Per quanto ne sapevo io, almeno quello che ci insegnavano al università, prima della partenza delle due navi il 90% della popolazione era già morta e il solo punto della terra che non era stato bombardato con le bombe atomiche era una base militare in un posto chiamato Groenlandia. I libri dicevano che i potenti della terra hanno deciso di farla finita bombardando il tutto con tutto e di conseguenza la terra sarebbe stata inabitabile per i prossimi millenni.

Mi stavo guardando intorno e una cosa era strana, ovunque c’era uno strato di polvere come se li dentro non ci fosse entrato nessuno da anni.

>> …ma come, nessun altro ha le chiavi per entrare…<<

Erano delle voci che provenivano dal corridoio con la rosa dei venti. Avevo paura, chi erano queste persone, amici o nemici.

>>E se fosse lui? Sai che dovrebbe essere oggi la consegna del atto degli adulti. E lui è uno di quelli che oggi compiono 20 anni.<<

>> Forse e ancora dentro. Ma come ha fatto a scoprire tutto cosi in fretta? Abbiamo fatto di tutto con Benny perché la casa fosse difficile da trovare.<<

Quando senti il nome di mio Nonno mi senti un po’ più sollevato. Mi avvicinai alla porta e dissi;

>> Ehi come faccio ad uscire? Non trovo nessun meccanismo da questa parte. A proposito sono Lenny il nipote di Benny.<<

Dopo un attimo di silenzio;

>>Ah, va bene, devi tornare alla navetta, l’hai vista vero? Ecco li troverai la sala di controllo e vicino alla porta c’è un interruttore generale che devi azionare, cosi darai energia ai sensori della porta.<<

Andai di corsa e azionai l’interruttore, tutto intorno comincio ad illuminarsi, tutte i panelli di commando e i computer cominciarono a dare i segni di vita. Corsi indietro e appena davanti alla porta la senti muoversi.

Mi trovai davanti a due uomini abbastanza in la con gli anni, erano armati e puntavano le loro armi verso di me.

Uno di loro teneva in mano un analizzatore di DNA portatile e me lo stava mostrando;

>> Prendi questo e premilo contro un dito abbiamo bisogno di sapere se sei chi dici di essere.<<

>> Si capisco, so come funziona l’analizzatore, dissi e feci quello che mi avevano chiesto.<<

Videro la luce verde accendersi, probabilmente l’analizzatore era tarato con il mio DNA, e abbassarono le armi.

>> Finalmente, erano anni che volevamo fare degli aggiornamenti alla navetta ma con la morte di tuo Nonno la chiave era persa, ma ora sappiamo chi l’aveva.<<

Entrarono e mi diedero la mano in segno di saluto.

>> Ora Andiamo, abbiamo del lavoro da fare.<<

>>Ma io devo andare, mi cercheranno tutti per congratularsi con me per il diploma e l’atto che ho ricevuto oggi, dissi.<<

>> Abbiamo poco tempo Lenny, il governo ha fatto dei grandi passi nel scoprire i campi magnetici sprigionati dalle navette. Non vogliono che nessuno abbia la possibilità di andarsene e scoprire la verità. Devi partire al più presto, spero che il tuo Nonno ti abbia già parlato di questo progetto.<<

>> No, mi ha sempre detto che avrei scoperto tutto a tempo debito.<<

>>Ah, bene sempre il solito Benny, misterioso fino alla fine.<<

L’altro stava in silenzio e annuiva ogni volta ad ogni cosa.

>> Vieni con noi, disse il primo e si avio verso la navetta, dovrai prendere qualcosa e consegnarci le pietre di MO, sai cose è vero? La materia oscura?.<<

>>Si ne so qualcosa, dissi.<<

>>Bene, mentre tu studi il funzionamento della nave noi possiamo metterla in funzione. Non è difficile sai, è come guidare uno dei nostri veicoli che usiamo ogni giorno, solo un po’ più grande.<<

>> Devi solo imparare, ora era l’altro a parlare, le basi di volo il resto lo puoi sperimentare quando il tuo viaggio comincerà.<<

>> Viaggio, partire, ma come, io volevo fare solo una vacanza, e poi cosa succederà ai miei genitori quando sarò proclamato un fuggitivo? Ci saranno delle conseguenze anche per loro oltre al fatto che non potrò mai tornare sul Kobol senza finire al riposo.<<

Ero furioso e penso che si aspettavano una reazione del genere.

>> Si, tutto quello che dici è vero, ma ciò che andrai a scoprire è molto più importante di ogni cosa che dirai ora. Una volta la Verità e la Libertà delle persone era molto più importante, più importante della propria vita, e tuo Nonno ne sa qualcosa. È morto per questo. Non c’è mai stato nessun cataclisma sulla terra, nessun cambiamento magnetico, era tutta una farsa creata da poche persone molto potenti. Stavano perdendo il controllo sulla popolazione che con il tempo si era stufata della povertà e delle continue guerre e decise di agire. Era da anni che si sapeva di questo sistema solare e del fatto che c’era la possibilità di venirci. Il progetto della nave MPZ era pronto anni prima della partenza.<<

>> Si ma, perché distruggere la terra, potevano andarsene e basta,dissi.<<

>>Per non avere nessuno con cui competere e poi fra non molto la terra sarebbe un ottimo posto per i loro loschi affari, un posto da sfruttare e mandare chi è politicamente scomodo per morire. <<

Eravamo nella sala di controllo dove uno di loro apri una cassaforte e tirò fuori un quaderno.

>> Ecco, hai una settimana per imparare il più possibile, concentrati sulla parte che riguarda il volo e le coordinate, e poi molto importante è l’accensione dei motori MPZ ed il volo nel sub-spazio, e poi………………………<<

Non ascoltavo più, tanto avrei imparato tutto comunque. Volevo solo andare a casa e riposare la mente. Ho anche qualche dubbio sul fatto che sia tutto vero, che non è un sogno.

Presi il quaderno, che aveva sempre questi strani simboli sulla copertina, come quelli della porta di legno massiccio.

Salutai i due signori, che erano già al lavoro, e me ne andai verso casa. Non mi ero reso neanche conto di quando sono entrato a casa ma ero già sul mio letto e mi stavo già addormentando. Domani era un altro giorno.